sabato 2 agosto 2014

John Green, il nuovo Nicholas Sparks


Sono quel tipo di ragazza che piange guardando Titanic, si commuove facilmente già a metà di un libro di Nicholas Sparks e non riesce a sopportare quei programmi sugli animali predatori perché parteggio sempre per le povere vittime indifese e cara Ivana Spagna, non mi importa se questo è il cerchio della vita, nel Re Leone non era poi così tragica la situazione.
Fatta questa premessa vi risulterà chiaro che non appena ho sentito parlare di questo nuovo scrittore di bestsellers dal nome che più americano non si può, ho avuto il bisogno fisico di comprare i suoi libri, estraniarmi dal mondo che mi circonda e innamorarmi di ogni singolo personaggio.

Se siete coscienti di assomigliarmi o vi riconoscete nei punti precedenti, proseguite nella lettura perché ho intenzione di soffermarmi su quello che ormai è divenuto un fenomeno mondiale, "The fault in our stars".

Ho la fortuna di conoscere la lingua inglese (persino meglio dell'italiano, sostengono alcuni) e, perciò, cerco sempre di leggere un libro nella sua versione originale, perché solo in questo modo posso davvero cercare di capire quello che voleva esprimere lo scrittore scegliendo un termine piuttosto che un altro.
Scrivo questa filippica non per vantarmi delle mie conoscenze perché non credo che sia qualcosa degno di nota, ma piuttosto per consigliarvi di leggere "The fault in our stars" in inglese perché ne vale la pena.
Green scrive in maniera lineare e non usa termini complicati (non dobbiamo dimenticare che si tratta di romanzi per adolescenti, anche se con questo non voglio assolutamente screditare o sminuire il suo lavoro), quindi, non sono richieste particolari conoscenze della lingua e può essere anche un ottimo esercizio per rispolverarla.
La storia è semplice: una ragazza e un ragazzo si incontrano e pian piano si innamorano. Ma c'è un "ma" grande quanto l'Empire State Building in questa storia alquanto comune in apparenza: sono entrambi malati di cancro.
Io lo so che lui non è il primo né tantomeno l'ultimo che scrive una storia su questo argomento, ma il modo in cui Green è riuscito a descrivere una situazione tanto tragica rivolgendosi ad un pubblico prevalentemente costituito da adolescenti non può restare indifferente nemmeno alle persone più ciniche che conosco.

Spesso leggendo mi capita di identificarmi con un personaggio e di sentirmi parte della storia, come se la stessi vivendo davvero io in prima persona. Con "The fault in our stars" non è accaduto nulla di tutto ciò. Leggendo questo libro, ho assistito alle vicende di Hazel e Augustus da spettatrice muta. La storia coinvolge tantissimo dal punto di vista emotivo, ma non riesco nemmeno per un momento ad identificarmi nei suoi protagonisti e forse è proprio questa la magia che compie Green.

Per oggi direi di aver blaterato abbastanza, vi lascio perciò con uno dei miei pezzi preferiti di tutto il libro, che tra l'altro ne spiega il titolo:

... but it is the nature of stars to cross, and never was Shakespeare more wrong than when he had Cassius note, "The fault, dear Brutus, is not in our stars / But in ourselves." Easy enough to say when you're a Roman nobleman (or Shakespeare!), but there is no shortage of fault to be found amid our stars.

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