Sono quel tipo di ragazza che
piange guardando Titanic, si commuove facilmente già a metà di un libro di
Nicholas Sparks e non riesce a sopportare quei programmi sugli animali
predatori perché parteggio sempre per le povere vittime indifese e cara Ivana
Spagna, non mi importa se questo è il cerchio della vita, nel Re Leone non era
poi così tragica la situazione.
Fatta questa premessa vi
risulterà chiaro che non appena ho sentito parlare di questo nuovo scrittore di
bestsellers dal nome che più americano non si può, ho avuto il bisogno fisico
di comprare i suoi libri, estraniarmi dal mondo che mi circonda e innamorarmi
di ogni singolo personaggio.
Se siete coscienti di assomigliarmi o vi riconoscete nei punti precedenti, proseguite nella lettura perché ho intenzione di soffermarmi su quello che ormai è divenuto un fenomeno mondiale, "The fault in our stars".
Ho la fortuna di conoscere la
lingua inglese (persino meglio dell'italiano, sostengono alcuni) e, perciò,
cerco sempre di leggere un libro nella sua versione originale, perché solo in
questo modo posso davvero cercare di capire quello che voleva esprimere lo
scrittore scegliendo un termine piuttosto che un altro.
Scrivo questa filippica non per
vantarmi delle mie conoscenze perché non credo che sia qualcosa degno di nota,
ma piuttosto per consigliarvi di leggere "The fault in our stars" in
inglese perché ne vale la pena.
Green scrive in maniera lineare e
non usa termini complicati (non dobbiamo dimenticare che si tratta di romanzi
per adolescenti, anche se con questo non voglio assolutamente screditare o
sminuire il suo lavoro), quindi, non sono richieste particolari conoscenze
della lingua e può essere anche un ottimo esercizio per rispolverarla.
La storia è semplice: una ragazza
e un ragazzo si incontrano e pian piano si innamorano. Ma c'è un "ma"
grande quanto l'Empire State Building in questa storia alquanto comune in
apparenza: sono entrambi malati di cancro.
Io lo so che lui non è il primo
né tantomeno l'ultimo che scrive una storia su questo argomento, ma il modo in
cui Green è riuscito a descrivere una situazione tanto
tragica rivolgendosi ad un pubblico prevalentemente costituito da adolescenti
non può restare indifferente nemmeno alle persone più ciniche che conosco.
Spesso leggendo mi capita di
identificarmi con un personaggio e di sentirmi parte della storia, come se la
stessi vivendo davvero io in prima persona. Con "The fault in our stars"
non è accaduto nulla di tutto ciò. Leggendo questo libro, ho
assistito alle vicende di Hazel e Augustus da spettatrice muta. La storia
coinvolge tantissimo dal punto di vista emotivo, ma non riesco nemmeno per un
momento ad identificarmi nei suoi protagonisti e forse è proprio questa la
magia che compie Green.
Per oggi direi di aver blaterato
abbastanza, vi lascio perciò con uno dei miei pezzi preferiti di tutto il
libro, che tra l'altro ne spiega il titolo:
...
but it is the nature of stars to cross, and never was Shakespeare more wrong
than when he had Cassius note, "The fault, dear Brutus, is not in our
stars / But in ourselves." Easy enough to say when you're a Roman nobleman
(or Shakespeare!), but there is no shortage of fault to be found amid our
stars.