lunedì 4 febbraio 2019

Colazione da Gattullo

Mi manca raccontarti i frutti del mio fervido subconscio, perciò continuo a scriverti. Non credo sia del tutto improbabile che tu ti imbatta in questo blog e ti riconosca nel destinatario dei post. Ieri ti ho sognato di nuovo. Non accadeva da tempo, o meglio, ormai non succede più ogni notte e quando succede mi sorprende notevolmente. Era un misto tra Casablanca e la vita vera. Rimanevamo chiusi dentro un museo o una fabbrica, non ricordo bene, qui a Milano. Sarebbe interessante capire come sia possibile confondere un museo e una fabbrica, ma non è questo il punto del sogno. C'era anche altra gente insieme a noi, dei tuoi colleghi o amici. La notte trascorreva tranquilla tra corse alla Bertolucci, esplorazioni e momenti silenziosi in cui ce ne stavamo seduti in un angolo lontani da tutti a parlare a bassa voce come facevamo un tempo. Alle sei un custode finalmente ci lasciava uscire dall'edificio e ci dirigevamo tutti insieme verso la metropolitana, ci sedevamo l'uno di fronte all'altra e tu mi guardavi con un sorriso triste, mentre io osservavo il treno portarci fuori dalla città, all'aperto nella luce fresca del mattino. Era primavera. Usciti da lì, rimanevi fermo ad aggiustarmi i vestiti come fanno i genitori con i propri bimbi il primo giorno di scuola, c'era una premura nei tuoi gesti mai vista nella realtà. Poi ti domandavo il motivo della tua tristezza e tu rispondevi che era arrivato il momento di chiuderla serenamente. Non eravamo fatti per stare insieme e ora ti era chiaro. Io non piangevo, ma ti abbracciavo e ti stringevo forte per memorizzare ogni parte di te. Ero io, nel mio sogno, ad allontanarmi senza voltarmi indietro per guardarti un'ultima volta.

Non c'è mai stato un momento conclusivo, un solo istante in cui entrambi abbiamo pensato contemporaneamente che fosse la fine della nostra complicatissima relazione. Ma ora, a mente lucida, ricordo come stavo e so di non voler più rivivere quelle sensazioni. Per quanto magici i momenti condivisi con te, non sarò mai completamente capace di descrivere la tristezza che mi portavo dentro nei giorni in cui per nessuna ragione a me comprensibile non mi rivolgevi la parola. Mi mancherai sempre, che io lo voglia o meno, ma ora so finalmente cosa significa stare bene con me stessa e non sono disposta a rinunciare a questa consapevolezza dopo aver faticato tanto per ottenerla.