lunedì 23 marzo 2015

Il punto zero

Ci sono anch'io

"Un momento, stammi un po' a sentire James Hopkins: tu hai la stoffa per compiere grandi imprese, ma devi prendere in mano il timone, tracciare la tua rotta e devi seguirla anche in caso di burrasca. E quando verrà il momento in cui potrai mettere alla prova la qualità delle tue vele e mostrare di che pasta sei fatto, beh, spero di essere lì a godermi lo splendore della luce che emanerai quel giorno."

Il punto zero, secondo Kierkegaard, è l'indecisione permanente, l'equilibrio instabile tra le opposte alternative che si aprono di fronte a qualsiasi possibilità.
Io non ci voglio più stare lì in mezzo.
Voglio prendere posizione, uscire allo scoperto.
Come ci si guarda dentro? Come si fa a capire chi si è e chi si vuole essere?

N.B. In questo caso Google non è d'aiuto, quindi?

R.

domenica 15 marzo 2015

Tornare alle origini



Seaside

Passeggiare a piedi nudi sulla sabbia fredda, sentire l'odore di salsedine che entra dentro di te e provare a contrastare il vento che ti scompiglia i capelli e ti impedisce di vedere l'orizzonte.
Non poter parlare perchè le onde che si infrangono contro gli scogli ti impediscono di ragionare.
Svuotare la mente.
Camminare e sentire i granelli modellarsi per te.

"Gente che muore di nostalgia, ma quando torna dopo un giorno muore per la voglia di andare via" diceva una vecchia canzone e non aveva tutti i torti.
Sarà per la mentalità bigotta dei salinari. Oppure perchè quel piccolo paese, per quanto io possa amarlo, mi sta stretto. Ho bisogno di spazio e lì ne ho sempre trovato molto poco.

L'acqua è il mio elemento, mi appartiene, ma non mi piace quando è una semplice meta turistica.
Mi piace vivere il mare quando è solitario, i venti del nord lo agitano e i bambini sono troppo impauriti per avvicinarcisi.
Se ti accosti a lui con pazienza, ti racconterà le storie dei suoi abitanti e di quanti non lo hanno temuto mai.
La sua voce è pura poesia.
Mi manca quel suono.

martedì 10 marzo 2015

L'ultima cena

Mancano meno di 100 giorni all'inizio della maturità. Che cosa ci sia da festeggiare io proprio non lo so, siamo già a marzo e a me sembra di essere appena tornata sui banchi di scuola. L'ultimo anno sta volando, ma non sono sicura di esserne felice.
"Le tradizioni vanno onorate" mi ricorda una mia amica, e tra le sue parole si nasconde la promessa di rendere indimenticabile ogni momento di questo ultimo anno, allora mi lascio coinvolgere in questa ennesima recita.
Avvisiamo i prof, scriviamo anche a coloro che hanno fatto parte della IV C per poco tempo, prenotiamo un tavolo.


Il ristorante è affollato, ma sono tutte voci ormai fin troppo familiari.
Dopo cinque anni siamo ancora tutti qui, qualcuno è diverso, qualcun altro è esattamente lo stesso di allora, ma stasera ci siamo tutti e solo questo conta. Forse è l'ultima cena di classe, poi le prossime saranno quelle imbarazzanti riunioni di ex studenti dove puntualmente ci sarà il tuo ragazzo della prima liceo, ma mai nessun volto simpatico con cui poter scambiare due chiacchiere.
Si ordina da mangiare e da bere, rimandiamo il momento delle domande il più a lungo possibile. Io e le altre facciamo di tutto per fare le sceme anche oggi, come ogni giorno trascorso a scuola insieme.
Nonostante tutto quel che è accaduto, mi mancheranno queste persone che il primo giorno della quarta ginnasio mi sembravano simpatiche solo perchè condividevano le mie stesse ansie, le mie stesse paure ed ora sono parte della mia storia e sempre lo saranno. In un angolo ci sono le suore, che con noi non hanno mai condiviso nulla, nemmeno il viaggio di maturità perchè l'ho organizzato io e allora no, non ci si può fidare di me. Poverette, un po' provo pena per loro. Vivranno la loro giovinezza ad 80 anni? Chi può dirlo.
All'angolo opposto del tavolo i maschi discutono di una partita di calcetto che segnerà le sorti del campionato della scuola.
Al centro ci siamo noi, che a guardarci ora si direbbe che saremo migliori amiche per sempre, ma tra donne non è mai così semplice, quanti segreti ci separano non lo sappiamo nemmeno noi, ma continuiamo a volerci bene per qualche strana ragione.

Ormai tutti hanno deciso, chi tenterà medicina, chi si è già assicurato un posto alla Bocconi o in un'altra università privata, poi ci sono io.
"E tu che cosa prendi, Ross?" "Un altro bicchiere di bianco, grazie." ridono per la mia battuta scontata, forse anche un po' per la mia natura infantile, la stessa di cinque anni fa, ma io non ho più voglia di fare la cretina. Ho voglia di affrontare il futuro senza paura.
Loro non lo sanno cosa si prova ad essere me, insider ed outsider allo stesso tempo. Io adesso darei qualsiasi cosa per essere semplicemente come loro.

domenica 8 marzo 2015

Frullato di pensieri

Comincio a scrivere, cancello, ricomincio.
Ho troppe cose da fare e la mente affollata da pensieri che, mi ripeto all'infinito, possono attendere. Ma non ci credo nemmeno io. E ritorno al punto di partenza.

Ieri pomeriggio non riuscivo più a reggere le pareti di casa e sono scappata in libreria. Ho salito le scale, voltato le spalle al reparto turismo e mi sono precipitata nella zona dedicata ai bambini. Adesso i muri sono verdi e azzurri, quando ero piccina io erano gialli e rosa. È l'unica parte colorata. Il resto del negozio è tutto bianco, un po' come molti profili Instagram di gente che si crede super cool e super fashion e a me invece fa pensare agli ospedali e alle malattie.
Il bianco non mi piace. È troppo calmo piatto tranquillo morto.
Blatero, blatero, blatero, non concludo nulla.
Ho voglia di andare all'aeroporto, scorrere lo schermo che annuncia le partenze e salire sul primo aereo diretto per un posto che non ho mai sentito nominare.

No, ho già cambiato idea. Voglio starmene rinchiusa nella mia camera a leggere e a colmare la mia ignoranza infinita. Vorrei avere una vita solo per poter leggere qualsiasi cosa potrebbe affascinarmi. Vorrei anche ritingermi i capelli di rosa, ma qualcosa mi blocca. In momenti così farebbe proprio comodo un pensatoio per poterci svuotare dentro tutta la mente.

Intanto continuo ad ascoltare Uptown funk e a desiderare il caldo per poter indossare la mia giacca rosa di pelle che non è realmente mia, era di mia sorella fino a poco tempo fa, ma in virtù di quel principio secondo il quale ogni indumento smesso dai figli maggiori passa ai minori, adesso appartiene a me e a quanto pare ho intenzione davvero di uscire con quella giacca addosso (un minuto di silenzio per apprezzare il mio coraggio per piacere).

Quanto è schifosa stronzetta lurida la riproduzione casuale che sceglie le canzoni sbagliate nel momento più sbagliato che possa esistere? All'improvviso è di nuovo l'inizio di giugno, io ho il caschetto e il cretino è in Liguria con gli amici per rilassarsi prima dell'inizio degli esami.
Quella lì è stata la volta in cui ho capito quanto tenesse a me. Sì perchè quando un penemunito in vacanza con gli amici si ubriaca e invece di andare con la prima incontrata al bar ti chiama e ti dice che non devo avere paura, che ce la possiamo fare, che dobbiamo farcela perchè quando è in tua compagnia la vita fa meno schifo del solito, allora forse qualcosa significa.
Ma può anche solo significare che è un completo cretino perchè considerando la situazione attuale, beh sì, è proprio scemo. Però gli voglio bene e mi manca ed è un bel casino.

R.

lunedì 2 marzo 2015

Hey there Delilah che fine hai fatto?


Ho riascoltato questa canzone oggi per la prima volta dopo mesi. Quante volte ho immaginato il loro amore, ho sempre un po' invidiato quella ragazza amata così tanto da essere più bella di New York.

Buona lettura,
R.

Questa è una storia senza fine, perchè non è sempre necessario che ce ne sia una, talvolta essa potrebbe solo sminuire gli sviluppi e quel che ha significato per i suoi protagonisti, mentre continua a vivere nei cuori e nelle menti dei protagonisti fino a quando avranno vita e memoria.


Nessuno potrebbe definire con esattezza quando cominciò il loro amore, ammesso che sia possibile stabilire il momento preciso in cui quel sentimento misterioso che move il sole e l'altre stelle inizia a dominare l'animo umano.

È più semplice narrare il momento in cui si scopre di non poter più fare a meno di qualcuno nella propria vita.

Avvenne una fredda sera di novembre, lui le cantò la canzone che porta il suo nome in un bar mezzo vuoto. Lei ascoltò e pianse per l'emozione.

Mancavano pochi giorni alla partenza di quel cantautore con la testa per aria, ma in quel momento non contava.
La sola cosa che contava davvero era il sentimento che li legava e li rendeva felici a tal punto da immaginare la loro futura vita insieme.

Inizialmente Delilah cercava il suo sguardo in quello dei turisti, lo immaginava alla scoperta di nuove città e sopportava con pazienza le scarse attenzioni che tutto ad un tratto riceveva. Trascorreva giornate ad attendere telefonate che tardavano sempre ad arrivare, come le lettere che scarseggiavano sempre di più. 
Poi cambiò tutto. Delilah si stancò di combattere per entrambi. Si fece coraggio e gli disse addio. Lui non le rispose, lei pianse per qualche giorno. Guardò documentari sugli animali e ascoltò sempre la stessa canzone, quella canzone che lui le aveva scritto per aiutarla nei momenti di sconforto.

Sperò invano che lui la ricercasse, ma ciò non accadde mai.
Lei pianse ancora, poi comprò un biglietto e partì.
Si rincontrarono in una città europea che non aveva niente a che vedere con quella New York che aveva visto nascere il loro amore. Lui era riuscito ad ottenere la fama che lo aveva trascinato lontano migliaia di chilometri dall'amore della sua vita.
Si rincontrarono e le loro anime si riconobbero, ma i loro corpi vi scorsero i segni di altri e la gelosia logorò il sentimento d'amore che li aveva sempre uniti.

Delilah non era stata in grado di aspettare, lui non era stato capace di tornare. La distanza li aveva cambiati a tal punto da commettere l'errore di perdersi.

Delilah tornò a New York e lui restò in Europa.
Le stagioni si rincorsero e lei ebbe altri amori, inseguì altri sogni, ma conservò sempre nel suo cuore il ricordo di quel ragazzo puro, infantile, romantico, reso immortale dalla canzone che divenne il simbolo di mille altre storie a distanza.