sabato 30 dicembre 2017

Non ci si lascia a Natale

Ci sono pochi giorni durante l'anno in cui tutti, indistintamente, meritano di essere felici. Ma noi, insieme, fin dall'inizio abbiamo litigato aspramente. Credevo e speravo che sotto si celasse un sentimento così forte da andare ben oltre le diversità dei nostri caratteri, ma era solo una mia illusione.
Lasciarti è stato come strappare una parte di pelle bruciata. Il tuo silenzio non è mai stato tanto rumoroso, forse perché è Natale e mi chiedo se tu non stia nascondendo qualcosa o qualcuno, me ad esempio. Cosa ne so io della tua vita, in fondo. Potresti essere sposato, divorziato, fidanzato e io potrei non venire mai a saperlo. Potresti avere dei figli, non credo saresti un cattivo padre, ma saresti molto assente e agli occhi dei tuoi bambini non saresti altro che un mezzo estraneo. Mi sto convincendo giorno dopo giorno di aver avuto ragione ogni volta in cui ho dubitato di te.
Sarà difficile, doloroso persino, ma imparerò di nuovo a fare a meno di te. Tanto ormai, arrivati a questo punto, so più o meno come sopravvivere. Di messaggi alle tre di notte non ne riceverò più, così come non sentirò più il suono della tua voce.
Il professore, che a questo punto della mia vita assomiglia sempre di più a quello di Pieraccioni nei Laureati che faceva le orge, sostiene che sentirà ancora parlare di te. Io, quasi per dispetto, evito di nominarti. Però non posso fare a meno di credere che saremmo stati una bella coppia insieme. Tu in giro per il mondo, io nelle discoteche di Milano, poi insieme a dividere una camera d'albergo dimenticata da Dio. Una telefonata, un "mi manchi" di troppo da parte mia, ed eccoti alla mia porta il mattino seguente. Sarebbe stato difficile, ma adatto a noi due.
Non riesco a togliermi dalla testa la prima volta in cui ti ho visto, seduto a quel maledetto tavolo al ristorante. Non è il momento per noi e forse non lo sarà mai, diceva una vecchia canzone, e oggi sento così vere quelle parole da temerle forse per la prima volta in vita mia. 
Chi lo sa poi come sarebbe finita, se ti avessi seguito in tour.
Hai sempre fatto grandi promesse, mentre io desideravo soltanto un gesto d'amore nei miei confronti. Ma questo non lo hai mai capito e adesso è troppo tardi per tornare indietro alla prima sera in cui camminando insieme verso casa è iniziato tutto.

sabato 23 dicembre 2017

Potrebbe valerne la pena

Niente va mai come previsto. Novembre si è aggiudicato un posto nella top three dei mesi peggiori di questo anno orripilante. Persino quelle poche certezze che mi erano rimaste sono crollate. Non dispero però, perché dicembre è sempre pronto a rimediare ai disastri dei mesi passati. Nel bene e nel male tu sei uno dei principali attori in scena ora.
Per qualche ragione do sempre fiducia alle persone sbagliate e tu fai senza dubbio parte questa categoria. Non riesco a sbarrare dietro di me la porta che apri e richiudi a tuo piacimento e a me non resta altro che stare in balìa della tua volontà, sperando ogni sera che qualcosa cambi il mattino seguente.
Ma ormai il sole dell'estate è solo un ricordo, così come quello che abbiamo provato insieme. 
Eppure continuo a cercare ovunque intorno a me i tuoi occhi azzurri, stasera ho persino creduto di incrociarli in quelli del tassista e per un attimo ho dimenticato dove fossi e chi c'era dall'altra parte del telefono e mi sono ritrovata su quegli scogli con te accanto e il tuo sguardo fisso su di me. Non c'è stato niente di speciale tra di noi, anzi, potrebbe apparire piuttosto banale, ma le emozioni che abbiamo condiviso sono state abbastanza forti da farti tornare da me. Questa volta, però, ti chiedo di trovare il coraggio necessario per rimanere.

domenica 10 dicembre 2017

Who's the boy you like the most?


A Roma tutto è possibile. Qualsiasi idea tu abbia in mente, verrà sconvolta da un'inaspettata piega degli eventi. Tu sei disarmante, al pari della tua città. Ma io in testa continuo ad avere la guerra e tu, col tuo carisma, fai sembrare possibile anche ciò che mi ha sempre spaventato.

Il primo appuntamento è sempre magico, questo è un assioma in cui ho sempre creduto. Quel che viene dopo, invece, non fa altro che sgretolare la gioia dell'inizio, quando si vorrebbe ricordare ogni singolo dettaglio, dalla sfumatura nei tuoi occhi al modo in cui ero vestita io, fino all'atteggiamento cortese e timido di due estranei che si sfiorano per la prima volta.

Ti devo dare atto, però, del fatto che lasciare Termini senza voltarmi indietro per guardarti un'ultima volta non è mai stato tanto difficile come ieri.
Ti prego, non roviniamo tutto.

venerdì 10 novembre 2017

Sarebbe stato un anno

Devo ammettere che io, Tommy Paradise, proprio non riesco a perdonarlo. Mi fa diventare matta questa sua metamorfosi avvenuta fin troppo rapidamente, questa parabola che un po' mi fa male perché mi ricorda il nostro amore. Siamo tornati al punto di partenza, ma non si ripassa dal via senza notare i solchi lasciati la prima volta. Non siamo mai stati pazienti, nessuno di noi due, però in questa non-storia che abbiamo vissuto mi è parso - per qualche attimo - di essere completa, e in quel momento non mi importava se era sbagliato, come sarebbe andata a finire o come sarei stata dopo, contavi solo te e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Non ti so spiegare cosa sia accaduto, ho realizzato improvvisamente e, forse, egoisticamente di non aver bisogno di te che eri diventato un peso, di stare meglio da sola e ora sono felice, nonostante il monaco buddhista sostenga che la mia anima non sia in pace, ma in questo momento non sto cercando tranquillità, sto cercando me stessa e so che non può essere un sentiero primaverile quello che percorrerò.

Ti penso, sai? Non più come un tempo, ma ogni tanto mi soffermo su di te. Su un ricordo, un'immagine sfuocata, oppure una frase che mi è rimasta impressa. Siamo stati felici insieme, eppure non siamo stati capaci di resistere. Mi pare una scusa banale quando affermo che proveniamo da due mondi troppo differenti, quando la triste realtà è che non ci amavamo.

Che poi io me la vedo, Matilde insieme alle sue amiche, mentre stalkerano la nuova fidanzata di Tommaso Paradiso e la insultano elencando ad uno ad uno tutti i suoi difetti. Ad un certo punto si chiederà se era proprio lei e non un'altra la Matilde della canzone, quella per cui lui scriveva frasi disperate sui social, poi si ricorderà di tutto quello che di buono c'era in quella storia e proverà un pizzico di nostalgia. Ma quel Tommaso con l'aria da fighetto costantemente in posa non ha nulla a che vedere con lo sfigatello ubriacone che le citofonava all'alba svegliandola. E allora si convincerà che va bene così, ognuno per la sua strada, ma non riuscirà a crederci fino in fondo. 

Non ci saranno altre mail/lettere, o forse sì, perché la nostalgia è una brutta bestia ed entra sempre senza bussare, soprattutto nelle lunghe notti invernali in cui il letto è sempre troppo vuoto e il silenzio è tutto quel che mi circonda. Tommy e Matilda si sono separati. Uno a Modena, l'altra a Milano. Entrambi con me. Un poco mi dispiace averli divisi, ma non abbastanza da ridarti uno dei due.

Se ripenso a tutto quel che è mutato in un solo anno, quasi non riesco a crederci. Se me lo raccontassero, non ci crederei. Ma ero io? Eri tu? Non lo so più. Tra tre giorni sarebbe stato un anno, non posso fare a meno di pensare che invece evidentemente non lo sarà. Mi dispiace.

giovedì 2 novembre 2017

Di notte è facile avere dei ripensamenti

Ci sono stati anni in cui l'estate finiva con violenti acquazzoni e nel caos totale che comportavano non ci si salutava nemmeno, gli amori estivi venivano interrotti bruscamente, messi in pausa da qualche divinità beffarda. Questo non è stato uno di quegli anni. Avremmo potuto salutarci, trascorrere un'ultima notte a parlare per ore e ore fino a quando l'alba non ci avrebbe ricordato che apparteniamo a due mondi distinti e inconciliabili che soltanto nel buio totale delle notti estive potevano sfiorarsi. Mi sono ritrovata sola e non è stato per nulla simile all'ultima volta, ma forse non avevo mai più smesso di esserlo da allora. Non ci sono canzoni che mi parlano di te e non ho lacrime da versare, ma è proprio questa consapevolezza a rattristarmi. Abbiamo avuto infinite occasioni, ma le abbiamo sprecate tutte e quelle rose rosse ormai appassite da tempo che mi ostinavo a conservare con cura sono già parte del passato, non mi strapperanno più un sorriso come il giorno in cui le vidi per la prima volta, accompagnate da un biglietto anonimo che racchiudeva tutto il fascino del nostro legame.  Cosa è rimasto di noi due? Parole che il vento di mare ha già portato via, lontano da noi e da tutte le incertezze che ci opprimevano. Sono già trascorsi due mesi, gli esami sono vicini e almeno una volta al giorno mi domando dove tu sia e cosa tu stia facendo adesso, ma soprattutto perché ho rovinato tutto ancora una volta e la parte peggiore di tutta questa storia è che né tu né io troviamo il coraggio di prendere in mano il telefono e mandarci a quel paese per poi fare pace e ricominciare. Magari è tutta una mia fantasia, però mi piace credere che tu mi stia cercando in giro per la città e che prima o poi mi troverai.

giovedì 19 ottobre 2017

Ancora tu

Ho i capelli sporchi, arruffati e ammassati su una spalla. Indosso una felpa rossa che un tempo era tua, quando ancora vivevi in Italia ed io ero poco più di una bambina. Guardo in alto e ti vedo comparire dalla tromba delle scale, reggi uno scatolone pieno di cianfrusaglie e mi domandi se era davvero necessario conservarle invece che buttarle come avevi suggerito. Io ti urlo un grugnito di rimando e dopo quello che non mi pare nemmeno un minuto sei accanto a me. Mi guardi e ti vorrei abbracciare, ma sono più lercia dell'ultima volta in cui mi hai visto e nonostante questo sei ancora qui. Quasi mi metto a piangere. Sei qui per me oggi e non so nemmeno il motivo. Mi pulisci una guancia col pollice e mi sussurri con quella tua voce sexy che non ti saresti perso per nulla al mondo il mio primo trasloco vero. Questa volta una lacrima scende davvero, ma tu sei pronto a raccoglierla. L'aspettavi, non è vero? Ti piace vedere che ho ancora bisogno di te, ammettilo.

Qualche ora e molti scatoloni dopo, ci ritroviamo seduti sul pavimento a mangiare pizza e a raccontarci episodi di vite incrociate. Come quella volta in cui avremmo dovuto vederci in piazza Duomo, ma i telefoni smisero di funzionare e non ci trovammo più. O il primo appuntamento, da Spontini in pausa pranzo, un grande classico milanese.

Alcuni anni e molte pizze dopo, siamo ancora qui, anche se io non ci avrei mai messo la mano sul fuoco, devo confessarlo.

martedì 5 settembre 2017

L'orsa maggiore

I cornetti al Caffè Real alle quattro del mattino, tornare a casa a piedi senza sentirsi le gambe ma va bene così perché altrimenti dove parcheggiamo la macchina con le bancarelle della festa patronale, la mostra di Modigliani, il panino al polpo fritto che non riesco mai mai mai a digerire ma mi ostino a mangiare, il panzerotto di Luca, il bagno al tramonto all'alba alle due del pomeriggio, Pino Mauro, le corse sul lungomare perché è tardi e se mia madre trova il letto vuoto chiama carabinieri finanzieri e guardia costiera in una volta sola, le canzoni degli anni '80 urlate a squarciagola perché è bello vivere sopratutto durante le calde notti d'agosto quando le vecchiette ti lanciano i secchi d'acqua ma non ti prendono mai grazie alla loro pessima mira, si esce e si comincia a vivere solo dopo la mezzanotte quando la serata al lido è finita e i nostri genitori sono andati a dormire e quel che succede rimane tra noi e il guardiano, i lampioni al led che hanno reso buia Piazza Libertà ai più nota come Piazza Terme, il 93 con le stesse persone che dicono le stesse cose tutte le sere, i bagnini delle estati passate incontrati sul lungomare che passeggiano come spettri trascinandosi il fardello di ricordi ormai lontani e dimenticati, le chiacchiere di circostanza, il gelato da Sanremo, ritrovarsi a parlare sui lettini per ore e ore anziché tornare a casa a dormire, riuscire ad ammettere le sconfitte davanti a una tazza di latte caldo, il cornetto a colazione solo al Bar Fiamma e se vai da Doranna non saremo più amici, le bancarelle di Ferragosto che vendono decorazioni natalizie, la cena di Ferragosto più importante di quella di Natale, i fuochi della festa patronale vanno visti rigorosamente dal palco del lido a meno che tu non ti sia procurato le chiavi della terrazza una bottiglia di vino e un appuntamento degno di condividere con te questo momento magico, i discorsi esistenziali sull'amore, sul futuro, su cosa ne sarà delle nostre vite ma è presto per saperlo e l'unica certezza che abbiamo è che anno dopo anno ci ritroviamo qui a parlarne, le serate di tramontana con la felpa sul lungomare ma è solo l'una di notte e non voglio tornare a casa perché domani mattina devo studiare e non ci voglio pensare dai rimani qui con me solo un'altra mezz'ora, le sveglie impostate per studiare e poi rimandate ogni dieci minuti per due ore, le colazioni al bar della spiaggia all'ora di pranzo con gli occhiali da sole per non far vedere le facce sconvolte, i pegni d'amore del bagnino di salvataggio, l'oroscopo, le passeggiate col tuo cane che forse erano il momento più bello di tutta la giornata, la birra che prendevo solo per fare la figa perché se devo essere totalmente onesta non esiste al mondo per me bevanda peggiore, le serate al bar della spiaggia mentre in piazzetta si consuma il solito spettacolo degli animatori, le foto sfuocate che poi sono anche le più belle se ci pensi bene perché eravamo felici al punto da non riuscire a stare fermi, le grigliate, le storie finite, scendi sono sotto casa tua e poi le attese, quelle brevi sotto casa tua e quelle infinite di notte sul lettino con la sola compagnia delle mute costellazioni, ogni anno la stessa storia ma quando imparerai, ma è così bello dare fiducia a qualcuno e allora prenditi un pezzo di me e non ridarmelo mai perché io avrò per sempre l'immagine di te sdraiato a guardare il cielo sempre uguale con l'aria stanca, un'ora a chiacchierare dopo un intero giorno di attesa, ogni notte passata a fissare l'orsa maggiore e pensare che tutto questo non era nei piani, pensavo fossero finite le estati meravigliose da ricordare e assaporare a pieni polmoni e invece quanto mi sbagliavo l'ho capito solo ora che l'estate è finita e settembre ci riporta alla realtà.

sabato 13 maggio 2017

7. È l'una di notte e niente va bene

È passato un altro mese, ti ho incontrato e non sono scappata, ti sei avvicinato e mi hai chiesto di parlare. Ma parlare di cosa? Del tempo, degli amici, dell'università? O di perché è finita? Sembriamo i protagonisti di quella canzone di I Cani che una volta mi hai cantato. Io ancora non lo so perché mi hai lasciato, ma quel pomeriggio abbiamo parlato ed è stato come se non ci fossimo mai separati. Ho ancora tanto da dirti, ma quel che conta ora è che nel tuo sguardo e, per la prima volta, nelle tue parole era chiaro che non è ancora finita. Allora ricominciamo da qui. Io fingerò di non aver sofferto poi tanto, tu però non scappare questa volta. 

venerdì 5 maggio 2017

6. Carlo Verdone aveva ragione

Sono stata a Roma per il Concertone e per un giorno sono tornata quella di un tempo. Ma è davvero possibile? Cancellare tutto, ricominciare da un momento prima di conoscerti, come se avessi riavvolto un nastro rovinato in un punto. Non posso risponderti. Tuttavia, a Roma ho capito che tutto quel che facevo con te posso farlo anche da sola o con altre persone. Bella scoperta, dirai tu. Eppure me ne ero dimenticata. Nonostante tutto, questa è la parte più triste della storia e ora ne sono consapevole. Devo solo trovare il coraggio di ammetterlo ad alta voce, poi piangerò per l'ultima volta, ma da quel momento in avanti starò bene.

Non capisco come sia possibile, ma la vita va avanti e adesso riesco ad essere più convincente quando affermo di stare bene. Inizio a crederci anche io.

E un giorno, quando ormai farò parte del tuo passato da tanto tempo, improvvisamente ti ricomparirà davanti la scena del monologo di Verdone alla fine di Manuale d'amore 2, allora ti ricorderai di me, sentirai la mia mancanza e tornerai su questo blog. Troverai queste mail, nulla di più.

giovedì 27 aprile 2017

5. Say something

Ho impiegato molto più tempo del previsto, ma alla fine ci sono riuscita: ho cancellato ogni traccia di te, almeno all'apparenza. Non so spiegarti dove io trovi la forza di mostrarmi forte, ma non mi fa sentire affatto meglio sapere di non avere più nulla di tuo. Anche perché non ci credo nemmeno un po'.

C'è ancora un sottilissimo filo che ci collega e, paradossalmente, è ancora una volta la musica. Perché se da un lato mi sforzo di continuare a sorridere, dall'altro ogni canzone mi parla di te. Dunque mi risulta impossibile mentire a me stessa, è chiaro che non sono pronta a voltare pagina, ma non per questo smetterò di provarci. Continuerò a lottare con quella parte che mi ricorda costantemente di non lasciar morire l'ultima speranza, perché quella stessa speranza mi sta logorando pian piano. 
Non dici niente, ma il tuo silenzio parla da solo ogni volta che su Spotify ascolti una nostra canzone.

E così continuiamo a vagare, anime inquiete destinate a non trovare pace in questo limbo a cui ci siamo condannati reciprocamente. 

giovedì 20 aprile 2017

4. Scacco matto

Dicevi che si piange per le cose importanti, allora credo che tu lo sia stato - e sei ancora - più di quel che pensi, visto che è passato un mese e sto male come il primo giorno. Non so nemmeno più che cosa dirti, non mi importa farti pena. Mi basta avere un contatto, seppure minuscolo, con te, una traccia che mi dica che ci sei veramente stato, che non era tutta una mia fantasia, che queste lacrime un giorno finiranno, ma ora hanno valore, almeno per me. Vorrei raccontarti tutte le cose che sto facendo, vorrei dirti che ti odio, ma poi mi rendo conto che non è vero e vorrei dormire, ma non mi è concesso. Non soffrivo di insonnia da due anni, sai? Non credo di avertelo mai detto, ma non lo ritenevo un capitolo della mia vita importante. Ora però mi pare di vedere tante somiglianze tra quello e questo periodo, dunque te ne parlerò brevemente. Era l'anno della mia maturità, di mille cambiamenti, di nuove amicizie arrivate a sostituire quelle vecchie ormai consumate da segreti e bugie. Era l'anno in cui il sonno era diventato superfluo perché non ne avevo il tempo. Era l'anno in cui avrei provato un dolore inspiegabile, il più grande di tutta la mia vita, di cui ancora oggi non mi capacito del tutto. Eppure, sono sopravvissuta. E siccome non voglio tornare al buio di quei giorni, sto facendo di tutto per tenermi impegnata il più possibile. Sto studiando come una matta e quando mi viene da piangere - come in questo momento - mi fermo, mi sdraio a letto e penso che andrà meglio, prima o poi. Ma è passato un mese e non va affatto meglio e ho tante domande a cui tu non rispondi e non risponderai e io so solo che mi manchi. E non è colpa delle canzoni tristi, non è nemmeno questione di isolarsi perché non ne sento il bisogno attualmente. Il vero problema è che in quel mare di persone che ogni giorno mi circonda, non posso fare a meno di cercare te costantemente. Ironia della sorte, quando poi ti ho visto, all'angolo della strada verso la mensa, mi sono voltata e sono scappata senza tornare indietro. Eri tu, lo so bene. Stavo scambiando chiacchiere di circostanza con due ragazzi che non vedevo da tanto tempo, ero tranquilla, pur essendo in territorio di ingegneri, nel tuo territorio. Poi sei comparso tu e in quel momento è sembrato un segnale divino simile al volo degli uccelli in senso contrario. Ho cominciato ad agitarmi e ho seguito quel che mi comandava di fare l'istinto: sono scappata via prima che le lacrime facessero capolino per l'ennesima volta, prima di mostrarmi fragile ancora una volta. Avevo paura e avevo mille pensieri rumorosi in testa, ma il più spaventoso di tutti era, forse, anche il più banale. Avevo paura dei tuoi occhi. Avevo paura di guardarti negli occhi e non vedere più un briciolo della persona di cui ero (sono?) innamorata e non sono ancora pronta a sostenere quello sguardo. 

mercoledì 5 aprile 2017

3. Il concerto di Cosmo

Ieri notte era passata la mezza, ma di andare a dormire proprio non se ne parlava, nonostante l'alzataccia assurda che ci attendeva al risveglio a causa dello sciopero. Stavamo in cucina a mangiare frutta e a parlare di vacanze quando ha cominciato a piovere all'improvviso. Io ero inquieta, camminavo avanti e indietro dal tavolo alla finestra e fissavo il cancello esterno come in una visione onirica. È lì che ti ho visto l'ultima volta, è lì che continuo a vederti. E in quel preciso momento sono scoppiata a piangere. Chiara stava lavando qualcosa, non se n'è accorta subito. Poi, con una voce che non sapevo appartenermi, le ho rivelato ciò che già sapeva. Non so spiegarmi perché abbia impiegato tre settimane per dirlo a lei, ai miei e ad altre persone l'ho confidato subito. So solo che poi ho pianto come se fosse la prima volta e sono davvero esausta. Questa mattina mi sono alzata con gli occhi gonfi e per tutto il giorno non ho fatto altro che pensare alla sera in cui ci siamo conosciuti. Era un evento simile a quello di ieri sera tra l'altro. E pensare che l'anno scorso snobbavo gli eventi organizzati dal Poli. Invece, nonostante tutto, continuo a partecipare. 

Ci ho provato, lo giuro, ma non riesco a capire
Cosa cazzo è successo, mi sembra di affogare
Ora ho voglia di urlare come Paolo in Teorema

Ci sono giorni che passano velocemente, altri in cui sento la tua mancanza come un macigno e le tue mezze risposte non aiutano. 

venerdì 31 marzo 2017

2. Il nostro cinesino


L'ho scoperto la sera in cui sei tornato da Cortina, sono passati mesi, ma mi pare ieri. La ricordo bene quella sera. Era sabato, a Lambrate ad aspettarti c'ero solo io. Sembrava surreale la calma della stazione, un'atmosfera a metà strada tra un horror e un film americano ambientato in un motel. Di quelli con i neon costantemente accesi. Di quelli dove non accade nulla di buono. Mi ero ripromessa di rimanere seduta, invece non appena ti ho scorto sono corsa ad abbracciarti. Quella sera ho capito che qualcosa stava cambiando. Era circa un mese che ci vedevamo più o meno di nascosto e non accennavamo minimamente a smettere. Non era l'atmosfera di Lambrate ad essere surreale, ero io, lì, in quel preciso momento, aspettando te. Vorrei essere ancora seduta su quella panchina ad aspettarti, vorrei tornare lì e rivivere quelle stesse sensazioni, ma non ne ho il tempo e credo che sia un bene. Questa città, per quanto caotica e incasinata, mi sta aiutando a tenermi occupata e paradossalmente ci sta riuscendo piuttosto bene. Il problema è che tutto quel che sto facendo vorrei condividerlo con te e questo pensiero difficilmente mi lascia sola.

Dovrò soltanto re-imparare a camminare.

giovedì 30 marzo 2017

1. Slow dancing in a burning room


This is the deep and dyin' breath of
This love we've been workin' on

Ti ricordi quando ballavamo in camera tua sulle note di Slow dancing in a burnin room? Non immaginavo che parlasse di noi, allora. Adesso la ascolto e piango.
Piango perché racconta la nostra storia meglio di quanto le nostre parole abbiano mai fatto. Piango perché tento di capire cosa sia successo, dove abbiamo sbagliato, ma è tutto inutile. Piango perché mi manchi.

Can't seem to hold you like I want to

Quei momenti con te erano tutto ciò che per tanto tempo ho sognato. E ora l'aria mi manca ogni volta che sento le prime note della canzone, ma per qualche assurda ragione non posso fare a meno di ascoltarla.
Di sera non riesco a prendere sonno facilmente e la mente ritorna spesso a quegli attimi di felicità.

Nobody's gonna come and save you

Alla fine si riduce tutto ad un elenco di oggetti dimenticati in camera tua. Oggetti più o meno importanti, di cui imparerò a fare a meno così come imparerò a fare a meno di te. Dunque mi sbagliavo quando sostenevo che non avevamo bisogno di nulla al di fuori di noi due, che tutto il mondo fuori non contava? E allora, se conta, non so dirti che cosa ne sarà di noi, so solo che quel che siamo stati insieme in qualche misura si ripercuote su quel che siamo ora, separati, ed influenzerà quel che diventeremo. E allora sarà difficile fingere di non esserci mai amati, e allora, forse, sentiremo la mancanza l'uno dell'altra.

I'll make the most of all the sadness

lunedì 27 marzo 2017

Cento mail


Ti scriverei cento mail, una per ogni bel ricordo che mi viene in mente di noi due insieme. Però non credo di averne più il diritto e devo ammettere che non me ne sono ancora fatta una ragione. Ma so già in partenza che le mie parole saranno destinate a restare senza risposta, allora tanto vale scriverle ugualmente, una mail al giorno, fino a quando non mi stancherò oppure fino a quando ci saranno ricordi da imprimere sulla carta. Chiamala terapia, immaturità, oppure ostinazione, ma è ciò di cui mi pare di avere bisogno al momento. Prima o poi finiranno le parole, o almeno finiranno le lacrime, spero. Del resto tutto finisce, persino noi, anche se non credo di averlo ancora compreso fino in fondo.
Oggi, per la prima volta, sono riuscita a parlare di te frenando le lacrime per i primi minuti. Mi sembra un bel traguardo. Ma più parlavo di te, di come tutto è finito all'improvviso, più ero confusa. Scriverò anche per capire come si possa passare da una felicità delirante ad una tristezza senza confini senza rendersene conto, come io riesca a fingere di stare bene al punto da non aver fatto capire a nessuno che in realtà ho il cuore a pezzi.
E se un giorno ritornerai su questo blog, che sia tra un mese o tra un anno, troverai queste mail e saprai subito che sono destinate a te e solo allora, forse, comprenderai la profondità dei miei sentimenti. Ma in quel momento non avrà più importanza.

lunedì 20 marzo 2017

Gli ostacoli del cuore

Siamo tutti sull'orlo della disperazione, non abbiamo altro rimedio che guardarci in faccia e farci compagnia, pigliarci un poco in giro, o no?



È finito l'inverno. È finito in anticipo, per me, quest'anno. Più precisamente è finito domenica scorsa, con quel freddo che ti accarezza la faccia prima di volare via, quando è finito anche tutto quel che ha reso un po' più caldi questi ultimi quattro mesi. Ieri, ad esempio, non sembrava affatto domenica. Sembrava un giorno come tanti. Da domenica scorsa tutti giorni fanno solo volume. Una volta lessi che quando si è tristi si diventa turisti nella propria città, fino a quando non ci si deve arrendere all'evidenza della propria malinconia e, solitamente, quello è il punto in cui le lacrime fanno capolino. Camminare e fare la turista a Milano non è mai stato tanto facile.

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Quante volte l'ho detto scherzando? "Ti lascio, addio!" E invece, poi, puntualmente rimanevo. Fino a che non se n'è andato via lui. Ma io sono rimasta, persino in quel momento sono rimasta, perché le storie finiscono per una ragione, e io questa ragione non la conosco.


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Ho incontrato Isa, sai? Non sapeva nulla, mi ha chiesto di te e il solo sentirti nominare mi ha fatto scoppiare a piangere in patio a metà di un venerdì pomeriggio affollatissimo. Non so dare una spiegazione logica a me stessa, figuriamoci agli altri! So solo che fa tanto male, più di come lo descrivevano i poeti e i cantanti, persino di più di quel che mi raccontavano le mie amiche. Non riesco a pensare ad altro che al fatto che io, questo dolore immenso, non lo merito, non lo volevo dal principio, non sono mai stata pronta per riceverlo.

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Ti alzi ogni mattina e guardandoti allo specchio provi a convincerti di aver avuto un incubo, che oggi il suo nome comparirà di nuovo sul tuo schermo, basterà un semplice messaggio, "Sono giù", e tutto tornerà esattamente come prima. Ma giorno dopo giorno la speranza si affievolisce, la sua felpa perde profumo, prende il tuo profumo invece e un mattino scopri che ormai non te lo ricordi nemmeno più, il suo odore. Pian piano dimenticherai, dimenticherai le cose che ti facevano sorridere, i dettagli che memorizzavi innamorandoti, dimenticherai i suoi gesti abituali, imparerai a convivere con un dolore nuovo, la consapevolezza di aver amato e di avere perso, imparerai anche che d'amore non si muore e che proprio questo è il male peggiore: sopravvivere alla guerra restando mutilata. Non lo scorderai mai, rimarrà lì in un angolo di te, riaffiorerà quando meno te lo aspetterai, all'angolo di una strada o in un libro, perché la memoria del cuore ha tempi assai diversi da quella della mente. Ripeterai fino alla nausea a chiunque che stai bene, che va tutto bene e giorno dopo giorno quella piccola bugia diventerà un po' più convincente, fino a quando non sarà la verità. 

lunedì 20 febbraio 2017

C'è vita dopo Sanremo (e la sessione invernale)?

Correva l'anno 2015, questo blog non aveva ancora compiuto un anno di vita e io mi accingevo a scrivere di quanto il Festival unisse l'Italia e tutta la Rete per una settimana. Sanremo, l'unica certezza della mia vita. Sì, perché per quanti governi possano cadere, per quanti comici possano alternarsi su quel palco facendoci ridere o storcere il naso, Sanremo è sempre lì, rassicurante come una vecchia nonna. E nonostante i più continuino, ostinati, ad affermare di non voler seguire questa gara demodé, gli ascolti - a differenza di quanto viene giurato e spergiurato - non mentono: più di mezza Italia ancora si appassiona guardando il Festival. Suvvia, non ci saranno più Baudo e Vessicchio, ma Sanremo è Sanremo con e senza di loro, così come lo è sul - sempre compianto - divano di casa e su quello del Convento.
Dunque, dopo la fine del Festival, ho dovuto trovare qualcosa di nuovo su cui scaricare lo stress accumulato a causa degli esami. In periodi lunghi come lo sono le sessioni, preferisco solitamente concentrarmi su qualcosa di altrettanto lungo e non esiste nulla di meglio di un telefilm fatto e finito. Perché sì, i film sono stupendi e la mia lista non fa altro che allungarsi, ma ogni volta devo perdere almeno mezz'ora del mio tempo prezioso per decidere, poi una volta eletto il vincitore bisogna impazzire alla ricerca dello streaming perduto e, infine, devi pregare in aramaico che la connessione sia abbastanza rapida da non far bloccare il video ogni due battute.
Ora, in piena sessione invernale, la sottoscritta non aveva affatto voglia di incominciare qualcosa di nuovo, qualcosa di potenzialmente pericoloso per eventuali colpi di scena totalmente inaspettati (non come quelli di Gossip Girl - serie 4, 5, 6), perché se è vero che una serie tv deve essere un modo per rilassarmi di sera prima di dormire, è anche vero che non mi deve togliere il sonno per l'ansia di scoprire come andrà a finire ed ecco che, dal nulla, è spuntata l'idea geniale di rivedere una delle serie tv che hanno animato la mia infanzia, quelle di cui si parlava a scuola, quelle con i personaggi che costituiranno sempre il mio metro di paragone, quelle che occuperanno sempre un posto speciale nel mio cuore.


Da lungo tempo mi ero ripromessa di riguardare tutto How I met your mother, se non altro per confermare il mio odio. Ed è qui che casa l'asino. Al contrario di qualsiasi interpretazione dei voli di stormi in Piazza Duca d'Aosta, ho rivalutato totalmente gli episodi finali e tutto ha acquisito improvvisamente senso. Non sto dicendo che mi faccia impazzire di gioia, ma, a conti fatti, il cerchio si è chiuso perfettamente ed è così che doveva andare. Tutto è cominciato con quello psicopatico di Ted e Robin ed è finito con quello psicopatico di Ted e Robin. Sullo Psycho del gruppo potrei scrivere fiumi e fiumi di parole perché è un personaggio con cui ho un rapporto catulliano: detesto la sua costante ricerca dell'amore vero come unico scopo della sua miserabile vita e odio il fatto che all'improvviso, grazie a Barney e a Tony, gli caschino dal cielo le uniche due opportunità per evolvere in qualche misura la sua carriera. La Madre è effettivamente la donna perfetta per Psycho ed è, credo, la donna angelicata del XXI secolo. Tant'è vero che muore prima della comparsa della prima ruga ed ecco che, dopo un adeguato periodo di lutto/astinenza della durata di sei anni, l'ossessione per Robin ricompare alla porta di Psycho. Non lo nasconderò: non ho mai amato Ted e Robin come coppia, non sono semplicemente credibili. Lui è pazzo (in molti sensi) di lei, lei è troppo per lui. 
Ma non voglio tediarvi oltre, perciò proseguiamo col finale. Lily e Marshall li lasciamo con una mandria di bambini e noi tutti ci rallegriamo per la loro tipica famigliola americana. Anche in questo caso: non poteva andare diversamente.  Robin e Barney, per quanto simili e meravigliosi separatamente ed ognuno a proprio modo, erano, sono e saranno sempre incompatibili come coppia. La triste verità fa male. Non sono d'accordo con chi sostiene che Barney semplicemente ritorna al punto di partenza come gli altri. Finalmente matura, ma in modo diverso rispetto agli altri e, come al solito, a modo suo. Partendo dal suo più tipico comportamento, si ritrova catapultato in una situazione a lui completamente estranea e, invece di scappare, decide di restare. In quella scena mi sono persino scese due lacrime.
Mancano ancora due settimane per arrivare al traguardo di questa maratona che è la sessione invernale, tutti ci auguriamo di arrivarci vivi, e io dovrò anche trovare un nuovo telefilm da guardare per evitare che l'ansia mi mangi viva.
Dal Convento per ora è tutto, a presto!

giovedì 5 gennaio 2017

Manuale d'amore

Re-arrange - Biffy Clyro

Te lo ricordi il parco dove ci rifugiavamo appena usciti da scuola? Lontano da tutti i nostri amici, lontano dai telefoni, da ogni possibile distrazione al di fuori di noi due. Camminavamo per ore, salivamo e scendevamo da tutte le colline fino ad arrivare alla panchina da cui si vedeva tutta la città. Era uno strano genere di appuntamento, ma a me piaceva.
Era l'anno della tua maturità, era l'anno in cui avevamo finalmente deciso di vivere i nostri sentimenti, era l'anno in cui ci saremmo separati per sempre.
Ho accuratamente evitato quel parco in tutti i modi per un anno intero. Ogni mio tentativo mi ricordava quanto debole fossi stata con te, ogni mio tentativo mi procurava un colpo al cuore. Dopo tanti mesi non ero ancora in grado di pensare ad altri che a te e quel luogo era l'unica prova della reale esistenza della nostra storia.



Poi, finalmente, mi sono trasferita anche io e quei ricordi sono rimasti lì, sepolti dalla pioggia in un laghetto dove tiravi i sassolini per spaventare i pesci.
Paradossalmente mi sono trasferita in una città piena di parchi meravigliosi e ho iniziato a frequentarli da sola.
Camminavo, correvo, leggevo, riflettevo, osservavo.
Ero sempre sola, ma non mi dispiaceva. Non volevo condividere con nessuno quei momenti. 
Ti pensavo?
Non più ormai, stavo lentamente guarendo.
Eppure, evitavo ancora il nostro parco ogni volta che tornavo a casa. Forse per paura di trovarti lì a gironzolare col tuo cagnolino o per paura di non trovarti, non saprei dirti.
Ma prima o poi doveva accadere. Oggi, inaspettatamente, è accaduto. Sono entrata nel parco, ho fatto una passeggiata e senza esitare mi sono seduta su quella che un tempo era stata la nostra panchina preferita. La vista è sempre stata spettacolare, ma io sono rimasta lì impietrita a guardarmi attorno perché lo avevo dimenticato. 
Mi sono sentita libera come non lo ero da tanto tempo.
Come ho potuto privarmi così a lungo di tutto questo non so spiegarmelo.
Ho ripensato a quando ho scritto che questo blog, nato a causa tua, era in realtà una lunga lettera d'amore rimasta chiusa nella busta. Probabilmente è ancora una lettera d'amore, ma non più rivolta a te e ora ne sono sicura, ora sono felice di questa consapevolezza raggiunta.
Ho capito il manuale d'amore anche io, ma non grazie a te. Non era amore, il nostro. Era il gioco di due bambini capricciosi. Come lo so, ti starai chiedendo. Ho trovato qualcuno di cui vale la pena prendersi cura e che si prende cura di me allo stesso modo.