venerdì 19 ottobre 2018

Ci siamo dimenticati di alzare gli occhi al cielo


Ogni tanto vado in piazza Liberty la sera, mi siedo sui gradini e guardo la fontana. Sono sicura che ti piacerebbe un sacco. Sto lì a fissare l'acqua mentre scorre fino a quando, alle dieci in punto, non si ferma, proprio come il giorno dopo la mia laurea. C'è un prima e un dopo quel giorno nella mia vita e avrei voluto che tu fossi stato con me, esattamente come tutte le sere in cui mi ritrovo lì da sola con i miei pensieri. Ho il cuore a pezzi e non vi è rimedio.  Invece, ancora una volta hai anteposto il lavoro a me. Avevano ragione gli adulti che tanto detestavo quando sentenziavano che i giovani d'oggi non si vogliono impegnare, che non sanno sacrificarsi per gli altri. Tu non hai mai fatto niente per me. Non fraintendermi, non te lo sto rinfacciando - anche perché ormai non avrebbe alcun senso - è solo una triste constatazione. Tornerò ad essere felice? Non è la prima volta in cui mi ritrovo da sola senza di te, ma ancora non riesco ad abituarmici. Mi manchi, lo ammetto, e ancora non posso fare a meno di sentire la tua assenza. Nonostante tutto il male che ci siamo fatti, gli errori irrimediabili e i chilometri e le persone che ci separano, non riesco a fare a meno di pensare ancora a te. Sembra assurdo il modo in cui tu hai avuto più importanza in poco tempo di tutti gli altri che trascorrono tutta la loro vita accanto a me. Tu non ci sei e non è vero che alla fin fine conta chi rimane sempre, perché tu non sei qui in carne ed ossa, ma sei ancora dentro di me e forse questo è tutto quel che realmente importa.


L'altra notte ti ho sognato e non accadeva da tempo. Il mio subconscio ti ha concesso una seconda possibilità. Era la sera della mia festa di laurea, non ero all'hotel dove è avvenuta, ma in uno più simile a quello dove ci siamo visti l'ultima volta. Ero uscita fuori a prendere un po' d'aria e ti ho visto passare, ho urlato alle tue spalle se fossi realmente tu, ti sei girato, mi hai sorriso e mi hai detto con la tua solita semplicità che ero bellissima. Avrei voluto schiaffeggiarti, invece sono rimasta lì, ferma, a guardarti senza fare niente. Ero così felice di rivederti che al mio risveglio ho sentito un vuoto incolmabile impossessarsi di me e non ho potuto fare altro se non conviverci tutto il giorno. 


Questa mattina mi sono svegliata e c'eri tu nei miei pensieri. Ho immaginato una scena da film che potrebbe facilmente avvenire nella realtà. Metti che questo sabato, al concerto di Ghali a cui devi andare e io lo so grazie a Facebook che mi fa sapere tutti i fatti tuoi, ci trovi me. Il bello è che io non so nemmeno chi sia Ghali, non ho mai ascoltato una sua canzone neanche per sbaglio, ma non mi importa. Il mio è solo un pretesto e lo sappiamo entrambi. Metti che lì ci trovi me, dicevo. A quel punto che faresti? Penseresti che è una coincidenza, che è il segno che stavi aspettando, che finalmente il destino ci vuole riunire. Invece no, sarebbe colpa o merito soltanto della mia testardaggine. Mi vedresti lì, in mezzo alla folla di persone del Pala Alpitour di Torino, non crederesti ai tuoi occhi e mi perdoneresti. Ma chi mai potrebbe garantirmi che, dopo aver fatto i salti mortali per venire nella tua città che ormai odio con tutta me stessa, aver mosso a compassione un bodyguard all'ingresso spiegandogli di non essere lì per il concerto, ma per ritrovare il mio amore perduto, che non avrò altre occasioni per incontrarti di nuovo e che se non entrerò perderò l'occasione della  mia vita, riuscirò davvero a rivederti?


Hai sempre odiato la mia impulsività, perciò questo piano geniale che chiunque apprezzerebbe a te risulterebbe solo l'ennesimo artificioso tentativo di tornare indietro nel tempo. Non lo troveresti nemmeno romantico. Perciò questo week end non farò nulla, rimarrò a Milano e forse andrò in piazza Liberty da sola per l'ennesima volta di sabato sera. Continuerò ad ascoltare ininterrottamente la nuova canzone di Gazzelle, Sopra, e quasi piangerò perché questa volta temo davvero di averti perso e non so nemmeno da dove cominciare a vivere senza di te nella mia vita, nonostante tu non ne faccia parte da più di un anno ormai.

giovedì 18 ottobre 2018

La tua lettera per me

Ti chiederai perché proprio ora, dopo tutti questi mesi di silenzio, io abbia deciso di romperlo per riaprire una ferita che non si era mai rimarginata completamente. Forse è proprio per quella ferita, per far sì che si chiuda definitivamente, senza che saltino ancora via i punti, o molto più semplicemente è l'ultimo tentativo di riparare a tutto il dolore che ti ho causato. 
Eravamo sciocchi, immaturi, impulsivi. Guardaci ora. Abbiamo paura di guardarci negli occhi e ammettere di aver fatto il più grande errore delle nostre vite. Come siamo arrivati a questo punto? Davvero abbiamo lasciato che accadesse a noi? È stata mia la colpa, come diceva la canzone, lo so benissimo, ma nonostante questa consapevolezza non sono mai stato capace di chiederti di perdonarmi. Ti ho detto che non era il momento giusto, che non mi sembrava il caso, che i nostri sogni erano più importanti della nostra storia, che credevo di averti persa, che non pensavo ti importasse tanto di me, ma la verità è che ho mentito a te come a me stesso per tutto questo tempo. Mi ero convinto di essere felice, di stare bene così, senza avere un uragano nella mia vita, ma non si cancellano mai da un giorno all'altro gli effetti devastanti della forza della natura. Eri e sarai sempre la più bella tra tutte. Sei arrivata tu e hai oscurato quel che c'era stato prima e quel che sarebbe arrivato dopo. Volevi me e io ancora stento a crederlo. È forse stato questo a spaventarmi e ad allontanarmi da te? Non lo so, però non riesco più a fingere di essere felice, ripetendomi che dopo tutto il male che ti ho causato sia meglio che ognuno vada per la propria strada.
Come un ciclone sei arrivata nella mia vita, l'hai sconvolta e poi sei scappata via. Sono rimasto lì fisso a guardarti immobilizzato dal tuo fascino e quando mi sono reso finalmente conto di averti persa era davvero troppo tardi. Niente è più stato come prima. Sono già trascorsi tredici mesi senza di te e ogni mattino mi domando come sarebbe bello svegliarsi accanto a te.
Tu sei il mio ciclone. Tu hai portato il sole e hai lasciato dopo il tuo passaggio solo pioggia e freddo. Tu sei l'estate che abbiamo condiviso insieme. Ho sbagliato, l'ho sempre saputo anche se ho ignorato a lungo questo senso di colpa che ora è diventato insopportabile. Sei felice? Continuo a cercare ovunque intorno a me la tua risata contagiosa, ma nessuna è come la tua, nessun'altra ride in quel modo buffo che mi fa pensare al sole caldo d'agosto. Eri così piccola, eppure eri più forte di me e l'ho capito quando era troppo tardi. Non sei mai stata una tra le tante, mai. Non sei mai stata mia, nemmeno se e quando lo hai desiderato più di ogni altra cosa al mondo, appartenevi sempre e solo a te stessa, è questo il motivo per cui non sono riuscito a trattenerti. Ho avuto paura di essere travolto da te e di essere uno fra i tanti, mentre tu per me eri tutto.
Non riesco più a guardare Milano come prima di conoscerti. Mi sono innamorato di te mentre mi parlavi di queste strade, di questo cielo che ora mi parla dei tuoi occhi. Non siamo poi così lontani, è questo il dramma, ma non posso più cercarti. Mi pensi mai? Mi vuoi ancora? Saresti disposta a darmi un'altra possibilità per l'ennesima volta? 

domenica 7 ottobre 2018

Perfetti sconosciuti



Sono le quattro del mattino. Sei appena tornato a casa, ti fa male la testa, prendi un'aspirina prima di poter finalmente sprofondare nel sonno, fissi lo schermo del telefono sul quale brilla ancora il mio messaggio che attende una risposta. Non riesci a ignorarlo, tenti di trovare una risposta invano, decidi infine di lanciare l'ultimo mezzo che ci collega sul divano e di non guardarlo fino al tuo risveglio. Ti sembra più semplice vivere in questo modo, fingendo che tutto vada bene, ma è passato un anno e io sono ancora un chiodo fisso nella tua mente che ti tormenta senza darti tregua. Ti passi una mano tra i capelli, ti guardi nello specchio e non vedi più la stessa persona di un tempo, ma vedi soltanto i segni dei giorni che passano e ti chiedi che senso abbia trascorrerli lontano da me. Non riesci a fare a meno di chiederti come sia possibile sentire ancora la mia mancanza come se ci fossimo detti addio questa mattina. Apri il frigo in cerca di un diversivo, prendi il cartone del latte, ricordando quanto piacesse a me, lo bevi frettolosamente e ne versi un po' in terra, ma non ti importa, ci penserai domani, cammini avanti e indietro cercando una via di fuga dai tuoi pensieri, finalmente entri in camera da letto, ti spogli mentre guardi le luci della notte fuori dalla finestra, ti chiedi cosa io stia facendo, allora ti giri, finalmente il tuo sguardo viene attirato dal letto e dalla donna che ti ha aspettato fino a tardi e poi si è addormentata lì, stanca di farsi domande a cui non risponderai, la osservi mentre dorme serena, non puoi fare a meno di pensare che non è me, non ha niente di me, l'hai scelta anche per questo, per tenermi il più lontana possibile, ma soprattutto perché non vuoi più avere niente a che fare con me e lei te lo ricorda continuamente. Ti stendi accanto a lei, non la tocchi, ti senti sporco, hai voglia di farti una doccia, ma non vuoi svegliarla, ti volti su un fianco per non sentirti in colpa, ma è tutto inutile, mi vedi riflessa nello specchio, in una vecchia foto che hai nascosto in un cassetto della scrivania in cui rido come una bambina, ripensi al giorno in cui me l'hai scattata e istintivamente sorridi, ma subito dopo ti maledici e maledici anche me perché vorresti sapere dove sono cosa faccio e con chi esco ora, ma l'orgoglio e anche la tristezza ti impediscono di prendere il telefono. Non hai più voglia di giocare, sei vecchio, sei stanco e ti senti ridicolo a vivere questa doppia vita a cui ti sei condannato da solo. Ma io sono ancora qui e non me ne andrò mai del tutto. Abbiamo invertito i ruoli, ma la partita è ancora lontana dalla fine. Mettiti comodo, il secondo tempo è appena cominciato.