domenica 7 ottobre 2018

Perfetti sconosciuti



Sono le quattro del mattino. Sei appena tornato a casa, ti fa male la testa, prendi un'aspirina prima di poter finalmente sprofondare nel sonno, fissi lo schermo del telefono sul quale brilla ancora il mio messaggio che attende una risposta. Non riesci a ignorarlo, tenti di trovare una risposta invano, decidi infine di lanciare l'ultimo mezzo che ci collega sul divano e di non guardarlo fino al tuo risveglio. Ti sembra più semplice vivere in questo modo, fingendo che tutto vada bene, ma è passato un anno e io sono ancora un chiodo fisso nella tua mente che ti tormenta senza darti tregua. Ti passi una mano tra i capelli, ti guardi nello specchio e non vedi più la stessa persona di un tempo, ma vedi soltanto i segni dei giorni che passano e ti chiedi che senso abbia trascorrerli lontano da me. Non riesci a fare a meno di chiederti come sia possibile sentire ancora la mia mancanza come se ci fossimo detti addio questa mattina. Apri il frigo in cerca di un diversivo, prendi il cartone del latte, ricordando quanto piacesse a me, lo bevi frettolosamente e ne versi un po' in terra, ma non ti importa, ci penserai domani, cammini avanti e indietro cercando una via di fuga dai tuoi pensieri, finalmente entri in camera da letto, ti spogli mentre guardi le luci della notte fuori dalla finestra, ti chiedi cosa io stia facendo, allora ti giri, finalmente il tuo sguardo viene attirato dal letto e dalla donna che ti ha aspettato fino a tardi e poi si è addormentata lì, stanca di farsi domande a cui non risponderai, la osservi mentre dorme serena, non puoi fare a meno di pensare che non è me, non ha niente di me, l'hai scelta anche per questo, per tenermi il più lontana possibile, ma soprattutto perché non vuoi più avere niente a che fare con me e lei te lo ricorda continuamente. Ti stendi accanto a lei, non la tocchi, ti senti sporco, hai voglia di farti una doccia, ma non vuoi svegliarla, ti volti su un fianco per non sentirti in colpa, ma è tutto inutile, mi vedi riflessa nello specchio, in una vecchia foto che hai nascosto in un cassetto della scrivania in cui rido come una bambina, ripensi al giorno in cui me l'hai scattata e istintivamente sorridi, ma subito dopo ti maledici e maledici anche me perché vorresti sapere dove sono cosa faccio e con chi esco ora, ma l'orgoglio e anche la tristezza ti impediscono di prendere il telefono. Non hai più voglia di giocare, sei vecchio, sei stanco e ti senti ridicolo a vivere questa doppia vita a cui ti sei condannato da solo. Ma io sono ancora qui e non me ne andrò mai del tutto. Abbiamo invertito i ruoli, ma la partita è ancora lontana dalla fine. Mettiti comodo, il secondo tempo è appena cominciato.

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