martedì 11 giugno 2019

Give me a minute to hold my girl

Non sarebbe bello tornare a casa dopo una settimana di duro lavoro e trovare me ad aspettarti? Abbiamo immaginato così tante volte come sarebbe stato condividere le nostre vite, senza trovare mai il coraggio per fare un tentativo nella realtà. Stasera è successo di nuovo, non sono uscita, mi sono chiusa in camera, mi sono stesa sul letto a guardare il mare sopra di me e ho lasciato correre la fantasia lontano dal disordine della mia vita, fino alla quiete della notte torinese.

Sto uscendo da lavoro, sono le otto passate, il mio stomaco brontola e i tacchi nuovi mi fanno desiderare di camminare a piedi nudi verso casa, poi inaspettatamente passa il tram e decido di prenderlo, perché durante le sere di giugno è bello osservare la città al tramonto. Trovo un posto libero e ne approfitto per guardare finalmente cosa mi sono persa oggi nel mondo mentre ero in gabbia. Trovo una tua chiamata, due messaggi, un'altra chiamata, un vocale su Whatsapp e tutti questi indizi vogliono dire soltanto una cosa: sei tornato prima e vuoi vedermi non appena possibile. Il cuore mi sale in gola e istintivamente scendo alla prima fermata, torno indietro, trovo un taxi e domando di accompagnarmi a un indirizzo che ho ben stampato nel cuore con un sorriso che mi illumina gli occhi. Il tassista mi parla della stagione estiva, delle giornate più lunghe, della gente felice e innamorata, mi chiede se anche io lo sono, innamorata intende, e io rispondo che sono pazza da due anni di un uomo meraviglioso che mi aspetta a casa da ore e che non vedo l'ora di riabbracciare, mi chiede dei nostri programmi, io gli racconto che con te trascorrerei tutta la mia vita e lo giurerei in qualsiasi momento, ti seguirei in capo al mondo, poi mi tocco la pancia e penso che forse, più realisticamente, aspetterei sempre il tuo ritorno da me a braccia aperte. Il signore ha una sessantina d'anni, mi chiede quando arriverà il piccino, io gli confido che manca poco, nascerà d'estate proprio come noi due, avrà qualcosa di entrambi, ma forse più di te che di me, infatti mi sento che sarà della Vergine e proprio come suo padre non riuscirò sempre a capirlo, ma lo amerò con tutta me stessa. Finalmente vedo quella che ancora per qualche settimana sarà la tua casa, mi rattrista pensare che la lascerai con al suo interno tutti i momenti felici dell'inizio della nostra storia, ma tu mi hai fatto il regalo più grande che potessi desiderare - la casa della mia infanzia - e là costruiremo una famiglia insieme. Pago il tassista e apro il portone in preda all'euforia, mentre aspetto l'ascensore conto i secondi che ci separano e tu, sentendo i miei tacchi, apri la porta di casa e mi chiami dalla tromba delle scale, io ti rispondo che sto salendo, tu impaziente sei già sui primi gradini, io mi tolgo le scarpe, tu apri l'ascensore e mi avvolgi in uno dei tuoi baci calorosi, poi ti stacchi da me, mi posi una mano sulla pancia e inizi a farmi mille domande, vuoi recuperare ogni attimo delle mie giornate senza di te, io ti guardo innamorata come il primo giorno o addirittura di più se possibile, mi stendo sul divano con la testa sulle tue gambe e senza staccare gli occhi da te comincio a raccontarti di un cliente fastidioso, della festa che le mie amiche stanno organizzando, di come procedono i lavori nella nuova casa, del fatto che il piccino ancora non ha un nome e che se andiamo avanti così non ci metteremo mai d'accordo o avrà almeno due nomi e tutti a scuola lo prenderanno in giro. Tu mi ascolti in silenzio, mi accarezzi i capelli e rifletti, poi a un tratto interrompi il mio flusso di coscienza e con la tua solita semplicità trovi la soluzione più giusta.
"Parliamo sempre di questo angelo come se fosse un maschio, invece secondo me sarà una femmina e non ci saranno dubbi sul suo nome: si chiamerà Margherita, come il luogo in cui ti ho conosciuto."

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