lunedì 2 febbraio 2015

E cin, sei, sette e otto




Ricordo bene l'odore di pece che avvolgeva l'intera sala prove. Ricordo il dolore dei muscoli che lavoravano per migliorare una posizione.

Ricordo le infinite ore trascorse in compagnia dei miei preferiti: Tchaikovsky, Bach e Chopin.
Ricordo i tutù, le mezze, gli chignon che domavano la mia chioma da leonessa.
Ricordo l'ultimo giorno, ricordo che non sono riusciti a domare me.

La danza è dedizione, disciplina, passione, duro lavoro.
Ci vuole anche tanta autostima e determinazione per sopportare tutte le critiche e il dolore che ti procura.
Ma è proprio il dolore a farti capire che hai raggiunto il tuo obiettivo. É il dolore che nella danza, come nella vita, ti fa compiere gesti incredibili.
Ti forgia il carattere, oltre che i muscoli.

Da bambina avevo un corpo perfetto, ero magra e ben proporzionata, sognavo di ottenere successo sul palcoscenico. La mia dedizione verso quel mondo tinto di rosa era totale.

Poi, all'improvviso, tutto cambiò.
Con l'inizio dell'adolescenza arrivarono le cosce rotonde e un seno troppo prorompente per una ballerina classica.
Senza rendermene realmente conto, avevo scatenato la gelosia delle altre ragazze e il mio corpo divenne il bersaglio di tutte.


Il problema è che a 12 anni non si é pronti per essere chiamati "budino", soprattutto se si pesa 50 kg scarsi.

L'unica soluzione per sopravvivere fu appendere le scarpette al chiodo.
Non è un mondo dorato come può sembrare dal di fuori.
É affascinante, ma non é perfetto.
Ogni tanto mi manca.

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